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Il prelievo di diplomi e privilegi in età estense

di Corinna Mezzetti
Nell’Archivio Estense oggi a Modena si conserva un fondo di carte pomposiane: quando vennero prelevati questi documenti dall’archivio di Pomposa? quali ne furono le ragioni? 
Alla metà del Quattrocento gli Estensi, che da tempo tentavano di incamerare il patrimonio dei monasteri situati entro i confini del loro dominio, arrivano finalmente a conquistare una parte delle proprietà pomposiane. Lo strumento nelle mani degli Estensi è l’istituto della commenda, con cui l’abbazia era amministrata dall’inizio del secolo: affidata prima a personaggi dell’entourage estense, nel 1452 passa a Rinaldo Maria d’Este, fratello di Borso marchese in carica. L’azione amministrativa dell’abate estense, sotto il diretto controllo del marchese, si concentra in particolare in una serie di azioni di ricognizione patrimoniale e visite pastorali alle dipendenze.
È questo il quadro istituzionale e amministrativo in cui collocare la redazione di un manipolo di scritture, affidate tutte al notaio Francesco Pellipari, attivo a Ferrara tra 1441 e 1491, che si definisce spesso cancellarius et scriba dell’abate Rinaldo Maria. La scrittura del notaio sembra quasi scandire le tappe dell’azione di governo dell’Estense: l’atto con cui prende possesso di Pomposa, il 6 maggio 1452, con la lettura della bolla di papa Niccolò V davanti ai monaci riuniti in capitolo; la registrazione delle visite pastorali condotte alle chiese dipendenti e la stesura di un inventario dei beni mobili nel 1459; il documento che assegna nel 1462 parte del patrimonio abbaziale ai monaci, separandolo dai beni controllati dalla commenda estense.
Fig. 1 - Documento del 1462 gennaio 1 (Archivio Storico Diocesano di Ferrara, Archivio dei Residui Ecclesiastici, San Benedetto, Pergamene, C.8, n. 4).
È quest’ultimo un documento tra i più solenni ed eleganti dell’archivio di Pomposa, decorato con una splendida iniziale d’oro su sfondo a bianchi girari e la miniatura nel bas de page che combina lo stemma estense con quello pomposiano.
(Fig. 1)
Parallelamente alle operazioni inventariali condotte nel 1459 dal notaio Pellipari sui libri della biblioteca e gli arredi sacri (Fig. 2), viene preparato dallo stesso notaio un piccolo inventario dei diplomi e privilegi destinati all’abbazia: il dossier, che raccoglie una trentina di regesti di documenti pubblici, è anonimo e non datato, ma è senza ombra di dubbio ascrivibile alla mano di Francesco Pellipari (Fig. 3).
Fig. 2 - Inventario dei libri dell’abbazia di Pomposa, 1459 (Archivio privato dell’Abbazia di Montecassino, Carte di Pomposa, Placido Federici, Codex diplomaticus Pomposianus, t. VII, s.p.).
Fig. 3 - Inventario di diplomi e privilegi Summarium quorundam privilegiorum monasterii Pomposiani, sec. XV metà (Archivio Storico Diocesano di Ferrara, Archivio dei Residui Ecclesiastici, San Benedetto, sez. 4, n. 46, c. 630r).
L’inventario può dirsi espressione della fase ‘estense’ nella parabola istituzionale del monastero. Gli antichi diplomi di re e imperatori, insieme ai privilegi dei pontefici, ancora custoditi con cura nell’archivio abbaziale, nel Quattrocento prendono nuova vita: vengono riassunti, trascritti e raccolti in questo dossier, che sembra fissare i confini della giurisdizione estense sulle terre di Pomposa.
La divisione dei beni pomposiani tra la famiglia d’Este e l’abbazia, avvenuta nel 1462, getta le basi per i futuri sviluppi istituzionali. Nel 1491 Ercole I d’Este crea una prepositura, un beneficio semplice senza cura d’anime, assegnandola al fratello Ippolito e convogliando in questo nuovo istituto i beni sottratti a Pomposa, mentre la titolarità sull’abbazia torna al pontefice. Nel 1520 papa Leone X trasforma la prepositura in giuspatronato perpetuo degli Estensi, che sopravviverà fino alle soppressioni napoleoniche di fine Settecento. 
Questi passaggi istituzionali segnano le vicende delle carte, spaccando l’antico archivio in due nuclei: il fondo San Benedetto dell’Archivio dei Residui ecclesiastici, oggi in Archivio Diocesano di Ferrara (da cui manca il fondo di antiche pergamene disperse in età napoleonica e poi disseminate tra Milano, Roma e Montecassino), e il fondo Prepositura di Pomposa dell’Archivio Estense, oggi a Modena, in cui sono confluiti «brandelli» dell’archivio abbaziale.
Il prelievo dall’archivio di Pomposa di questi documenti, che prendono la strada per Ferrara ed entrano nella raccolta estense (trasferita a Modena solo con la devoluzione nel 1598), potrebbe essere collocata all’inizio del Cinquecento, se prestiamo fede a una nota conservata nell’Archivio Diocesano di Ferrara. Si tratta di un elenco, definito Memoria delli privilegii che tiene messer Matheo Casella: vissuto tra 1475 e 1542, Casella fu giurista e podestà di Ferrara, ma soprattutto segretario ducale e oratore estense. La nota contiene l’elenco di 21 documenti, tra cui 8 diplomi e 8 privilegi pontifici, in parte conservati a Modena e in parte perduti. Si può allora immaginare che siano proprio questi i documenti pubblici di Pomposa sottratti dagli Estensi come titoli a corredo dei beni confluiti nel patrimonio della prepositura, e per questo depositati nell’archivio di famiglia. 
Gli antichi documenti concessi da sovrani e pontefici all’abbazia padana come riconoscimento delle sue proprietà e della sua giurisdizione entro un vasto territorio servono ora agli Estensi come titoli giuridici dei beni finalmente conquistati. È questo l’atto finale di un lungo processo di erosione del patrimonio pomposiano da parte dei signori di Ferrara, avviato con i primi attacchi armati e giudiziari nei secoli XII-XIII, maturato attraverso il controllo estense sulla commenda e infine completato con l’incameramento effettivo dei beni attraverso la prepositura alla fine del secolo XV.

Per approfondire

Trevor Dean, Terra e potere a Ferrara nel tardo Medioevo: il dominio estense (1350-1450), Modena-Ferrara 1990.

Marco Folin, Rinascimento estense: politica, cultura, istituzioni di un antico Stato italiano, Roma-Bari 2001.

Antonio Samaritani, Riflessi della commenda sulla cultura nei monasteri dei domini Estensi e sui rapporti con la Corte nel secolo XV, in «La Bibliofilia», 85 (1983), n. 3, pp. 355-408.

Filippo Valenti, Il fondo pomposiano nell’Archivio di Stato di Modena, in «Analecta Pomposiana», 1 (1965), pp. 361-376, rist. in Id., Scritti e lezioni di archivistica, diplomatica e storia istituzionale, a cura di Daniela Grana, Roma 2000 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Saggi, 57), pp. 511-528.

Corinna Mezzetti, La tradizione dei diplomi dell’abbazia di Pomposa del sec. XI: copie antiche e transunti quattrocenteschi della commenda estense, in Originale – Fälschungen – Kopien. Kaiser- und Königsurkunden für Empfänger in Deutschland und Italien (9.-11. Jahrhundert) und ihre Nachwirkungen im Hoch- und Spätmittelalter (bis ca. 1500), hgg. N. D'Acunto, W. Huschner, S. Röbert, Leipzig, Eudora Verlag, 2018 (Italia Regia, 3), pp. 39-52.
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