L’inventario può dirsi espressione della fase ‘estense’ nella parabola istituzionale del monastero. Gli antichi diplomi di re e imperatori, insieme ai privilegi dei pontefici, ancora custoditi con cura nell’archivio abbaziale, nel Quattrocento prendono nuova vita: vengono riassunti, trascritti e raccolti in questo dossier, che sembra fissare i confini della giurisdizione estense sulle terre di Pomposa.
La divisione dei beni pomposiani tra la famiglia d’Este e l’abbazia, avvenuta nel 1462, getta le basi per i futuri sviluppi istituzionali. Nel 1491 Ercole I d’Este crea una prepositura, un beneficio semplice senza cura d’anime, assegnandola al fratello Ippolito e convogliando in questo nuovo istituto i beni sottratti a Pomposa, mentre la titolarità sull’abbazia torna al pontefice. Nel 1520 papa Leone X trasforma la prepositura in giuspatronato perpetuo degli Estensi, che sopravviverà fino alle soppressioni napoleoniche di fine Settecento.
Questi passaggi istituzionali segnano le vicende delle carte, spaccando l’antico archivio in due nuclei: il fondo San Benedetto dell’Archivio dei Residui ecclesiastici, oggi in Archivio Diocesano di Ferrara (da cui manca il fondo di antiche pergamene disperse in età napoleonica e poi disseminate tra Milano, Roma e Montecassino), e il fondo Prepositura di Pomposa dell’Archivio Estense, oggi a Modena, in cui sono confluiti «brandelli» dell’archivio abbaziale.
Il prelievo dall’archivio di Pomposa di questi documenti, che prendono la strada per Ferrara ed entrano nella raccolta estense (trasferita a Modena solo con la devoluzione nel 1598), potrebbe essere collocata all’inizio del Cinquecento, se prestiamo fede a una nota conservata nell’Archivio Diocesano di Ferrara. Si tratta di un elenco, definito Memoria delli privilegii che tiene messer Matheo Casella: vissuto tra 1475 e 1542, Casella fu giurista e podestà di Ferrara, ma soprattutto segretario ducale e oratore estense. La nota contiene l’elenco di 21 documenti, tra cui 8 diplomi e 8 privilegi pontifici, in parte conservati a Modena e in parte perduti. Si può allora immaginare che siano proprio questi i documenti pubblici di Pomposa sottratti dagli Estensi come titoli a corredo dei beni confluiti nel patrimonio della prepositura, e per questo depositati nell’archivio di famiglia.
Gli antichi documenti concessi da sovrani e pontefici all’abbazia padana come riconoscimento delle sue proprietà e della sua giurisdizione entro un vasto territorio servono ora agli Estensi come titoli giuridici dei beni finalmente conquistati. È questo l’atto finale di un lungo processo di erosione del patrimonio pomposiano da parte dei signori di Ferrara, avviato con i primi attacchi armati e giudiziari nei secoli XII-XIII, maturato attraverso il controllo estense sulla commenda e infine completato con l’incameramento effettivo dei beni attraverso la prepositura alla fine del secolo XV.